La Storia
A cura di Francesco Giornetta - Anno 2000
Preistoria
Gli orizzonti culturali di Lesina vanno rintracciati a ritroso nel tempo.
Numerosi sono i ritrovamenti di strumenti litici come raschiatoi, grattatoi, lame a ritocco marginale, che si possono catalogare come appartenenti al Neolitico Antico (Età della Pietra Levigata). Un impulso alla ricerca venne dato da Raffaele Centonza, secondo il quale il Comprensorio Lagunare di Lesina è da ritenersi area espressamente neolitica, e che, quindi, vide gli uomini della preistoria esercitare l'agricoltura, l'allevamento, la pesca e la caccia (1).
Le località interessate dai ritrovamenti sono le stesse sulle quali il Centonza sviluppò le sue ricerche, e non è strano che, ancora oggi, molte conclusioni investigative su facies (manufatti preistorici) ricalchino le sue stesse osservazioni fatte a cavallo tra il 1872 e il 1880.
Degni di nota sono anche le testimonianze catalogabili come appartenenti all'Età del Rame, che attualmente sono custodite in vari musei italiani quali il Museo Pigorini di Roma, il Museo Nazionale di Napoli, il Museo di Artiglieria di Torino e nelle immediate vicinanze il Museo Comunale di Lucera.
L'Età del Bronzo a Lesina è rappresentata da numerosi reperti vascolari provenienti principalmente dall'isola di San Clemente situata nel Lago.
Cuspidi in bronzo (punte di lance o di frecce), appartenenti al Bronzo Finale (XI sec. a.C.) sono stati ritrovati in diverse zone della cittadina, in particolare nella contrada Limitoni.
Non mancano inoltre ritrovamenti vascolari riferibili all'Età del Ferro, caratterizzati da una civiltà costituita da villaggi stabili e da un ritorno all'agricoltura.
Le principali stazioni preistoriche di Lesina sono Cammarata, Fischino e Pontone. Molti altri luoghi sono oggetto di interessanti rinvenimenti a tutt'oggi, basti considerare la riva destra del basso Fortore e l'Istmo-Bosco-Isola (TOMBOLO).
- Cammarata
Località situata a levante del cimitero. E' poco distante l'abitato. Il Nicolucci ed il Centonza ritrovarono, tra i campi coltivati, moltissime selci e manufatti preistorici.
Essi vi trovarono ruderi di capanne preistoriche. Lo stesso interesse fu coltivato dal Magg. Angelucci che scese nel meridione per una indagine archeologica sul lago di Salpi.
Scavato il suolo in diversi punti, apparvero fondi circolari di capanne entro i quali vi erano frammenti e manufatti, oltre ad una grande quantità di selci.
- Fischino
Si notarono le solite macchie nerastre, nella cavità delle quali vennero raccolte selci e frammenti di stoviglie.- Pontone
Da frammenti vascolari e selci ritrovate, si può concludere che anche in detta contrada dovettero esistere capanne preistoriche.
Oltre a queste note località, è rilevante il fatto che lungo il basso Fortore ed in località vicinissime a Lesina, come contrada Colonnella e Tratturo dei Greci, oltre che in gran parte del litorale lagunare verso la località Zannella, sono stati rinvenuti una grande quantità di manufatti e selci preistoriche che vanno dal Musteriano fino all'Eneolitico.
Altra località straordinaria per il suo sito preistorico, presso l'Ansa della Rivolta, nonché per la sua importanza religiosa Benedettina e Cistercense nel periodo 1200-1700 è Ripalta. Di essa ci occuperemo nei riscontri culturali, religiosi ed artistici risalenti alle maestranze federiciane finalizzate al gotico delle cattedrali.
(1) Nicola Lidio Savino. Lesina - Contributi per una indagine preistorica Raffaele Centonza e la paleontologia. Tip. Reme-Graf Foggia 1991;
L'Epoca Romana di Lesina
"... Sulla sponda del Lago, il quale appena indicato da Strabone, vien detto Pantano dal vecchio Plinio, e nelle vicinanze del Frentone, oggi Fortore, fiume che appresso a quel lago sbocca nel mare Adriatico, surse ne' mezzi tempi Lesina, una volta città munita ..." (1)
Lesina, chiamata anticamente Alexina, è di origine remota, come dimostrano le tombe preromane e le iscrizioni romane rinvenute nell’area della città.
Essa gravitava nell’orbita di Teanum Apulum di cui costituiva un importante emporio commerciale, e successivamente la sua importanza doveva essere certamente notevole, se si pensa che il Vescovo di Lucera, nel 663 d.C., decise di trasferirvi il vescovado a seguito della distruzione della città per mano di Costante II.Molti ruderi dell’antica Alexina oggi sono sommersi nel lago e, probabilmente in passato, l’area cittadina doveva giungere fino all’isolotto di San Clemente. Matteo Giuliani asserisce che Lesina fosse nei tempi romani colonia di Uria. F. Leonardo Alberti la stabilisce sul posto dell'antica Irio.(2)Con il passare dei secoli, Lesina ha subito dei periodi di decadenza, principalmente a causa dell’innalzamento del livello del mare. Esso fu lento ma inesorabile, e l’unica difesa di Lesina dovevano essere solo le sue mura di cinta che fungevano da diga durante l’alta marea. Altro motivo correlato alla sua decadenza furono certamente i numerosi rivolgimenti sismici che la hanno vista protagonista nel corso dei secoli come testimonia il Fraccacreta:«..Deesi dunque arguire che una o più volte il mare accavallò il lido, inondò tutta quell’isola, gonfiò il lago, seppellì Lesina..oppure il terremuoto non solo la scosse, ma gonfiando avendo il lago, la seppellì co’ suoi cavalloni, come Urìa…»
Agostino Gervasio, noto Epigrafista ed Accademico Ercolanense, nel 1830 rilevava grandi Epigrafi, tutt'oggi esistenti a Lesina.
Il primo grande marmo che il Gervasio esaminò fu un gran cippo in travertino giacente davanti la chiesa della Congregazione del Rosario (l'attuale chiesa di San Primiano). Da quanto è rilevabile dallo scritto scolpito, il sacerdote pagano Marco Numisio Quinziano, dedito al culto di Giunone e della Dea Flora, dedicava il monumento alla moglie, Matrona Pomponia Drusilla.
Altro importante monumento è l'Epigrafe, sempre in travertino, dedicata alla serva Palatina Georgia, moglie per divorzio di due successivi mariti. Anche questo monumento fa parte dell'Epoca Antoniniana.
Significativo e' anche il monumento perduto di Flavio Urano, Corrector Apuliae (Pretore Romano), vindice delle leggi e citato nel codice Giustinianeo. Il monumento Epigrafico è stato, a detta del Gervasio, inglobato in un muro di cinta dell'antica città di Lesina. Egli tuttavia lo lesse e ne decifrò il contenuto.
1) Agostino GERVASIO - "Intorno ad alcune antiche iscrizioni esistenti in Lesina" - Osservazione lette all'Accademia Ercolanense - Napoli, dalla Stamperia Reale, 1852
2) P. ROSANO - D. ZACCAGNINO - D. MAJOLO. LA LAGUNA DI LESINA e Le Sue Quistioni. Volume I Parte Speciale. Napoli. Tip. Giannini. 1903, pag. 55.
Lesina "munìta"(1), già in epoca romana, successivamente si elevò al rango di Castaldato, quindi sede della più vasta ed importante tra le 34 contée in cui Arechi, principe longobardo, divise nel 780 il ducato di Benevento.
Molti storici sono concordi nell’affermare che la popolazione si incrementò nel VII secolo quando, numerosi cittadini di Lucera, distrutta dall'Imperatore Costante II, si rifugiarono a Lesina con il loro Vescovo.
Inoltre la pescosità del lago richiamò molta altra gente dai dintorni e anche da posti molto lontani, come dall'isola di Lesina in Dalmazia.
Era recintata da un antico muro di protezione sia dal mare che contro le passate scorrerie dei Saraceni e dei pirati Slavi.
Svariati sono gli indizi e le testimonianze su Lesina nel Medioevo. Ad esempio in Leone Ostiense, Cronico Volturnense, si legge che Grimoaldo, Principe di Benevento nel cui dominio era Lesina avesse donato nel 788 a Teodomare, Abate di Montecassino, la peschiera del lago di Lesina.
E ancora, sempre l’Ostiense, sostiene che un certo Radeprando donò la sua «..inclytam pìscariam et focem de lacu de finibus Lesinae..» alla Badìa di San Vincenzo al Volturno, dopo che la moglie si fece monaca in detto monastero.
Già in quei tempi i pesci della laguna erano rinomati (2), specialmente a Napoli nel periodo di Natale, dove i traìni (carri trainati da quadrupedi) carichi andavano in due giorni. Ed anche allora quei pesci erano considerati migliori di altri di diversa provenienza. Essi erano così abbondanti che si mettevano sotto sale per conservarli ed esportarli all'estero.
Nel 1010, il Conte Gualtieri, Normanno, possessore di Lesina, secondo il Cronico Volturnense, fece restituire ai monaci di Montecassino le peschiere, il mulino sul Lauro, la chiesa di San Pietro ed altre robe che diceva appartenevano a San Benedetto.
Degno di nota è anche ciò che accadde nel 1089, allorché ospite dell'allora Conte Normanno di Lesina, Petrone, fu la Contessa Matilde di Canossa.
Era il mese di maggio, la Contessa era discesa lungo la costa adriatica per andare a venerare l'Arcangelo Michele nella Basilica a Lui dedicata sul Gargano. Approdata sulle coste di Lesina, il Conte Petrone la invitò a riposare con le sue damigelle e tutto il suo seguito. In onore della stessa, quella sera, ci fu un banchetto ricco di pesce, carni, selvaggina e vini come l'opulenza del luogo consentiva. Non si sa se a causa dei fumi del vino o per cos'altro, paggi e cavalieri del Conte pensarono di non dover passare la notte da soli. Quella notte si udirono strani rumori intorno alle stanze assegnate alle damigelle: erano i commensali che bussavano alle porte delle damigelle nella speranze di concludere meglio la serata.
La Contessa Matilde, subito informata da quest'ultime, ne fu indignatissima e si affrettò a lasciare il castello del Conte con tutto il suo seguito. L'offesa, per lei gravissima, non poteva rimanere impunita.
« ... Ma, per vendicarsi fece assediare il castello tanto che, per vie sotterranee e canali, molti guastatori oprarono a che le acque del vicino lago, di dodici miglia di giro, corressero senza ritegno ad assorbire chi, uscendo fuori di ogni termine, diede negli eccessi. Tanto seguì, restarono i carnali pasto de' pesci ...»
(Matteo Fraccacreta)
Nel Catalogo dei Baroni che parteciparono all'impresa in Terra Santa sotto Guglielmo II "Il Buono", viene nominato un Loffredo, Conte di Lesina, insignito del titolo di Regio Giustiziere e che nel 1164 donò a Leonate, Abate di San Clemente di Casauria un luogo «prope Alisinam pantano circumndatam, versus Septemtrionem, in quo ecclesia Beati Clementis quondam fuerat ...» (3)
Grande rilevanza assume anche il castello di Ripalta con la sua antica, gloriosa chiesa.
Questo centro, oggi esclusivamente agricolo, risale all'alto medioevo, e nella vicina località dell' "Ansa della Rivolta", anticamente conosciuta come "Rivolta della Galera", in epoca romana probabilmente c'era lo scalo fluviale di Civitate (la città edificata durante la dominazione bizantina sui resti di Teanum Apulum).
La chiesa di Santa Maria di Ripalta è di origine cistercense e come in tutti gli insediamenti di tal natura anche in essa si prestò particolare attenzione alla cura del terreno, all'idraulica e soprattutto all'allevamento del bestiame, in particolare buoi e bufali che, particolare curioso, nel 1309, furono mandati in gran numero a Lucera per essere impiegati durante i lavori di costruzione della cattedrale (4).
Nel 1269, sotto la dinastia Angioina, per donazione di Carlo I e Carlo II d'Angiò, suo figlio primogenito, fu devoluto l'intero contado di Lesina alla Regia Curia e durò così sotto il Regno dei Durazzo fino a che Margherita, vedova di Carlo III, ricevette in dono la laguna dal figlio Ladislao Jagellone che allora era Re di Napoli.
Con rogito del 6 novembre 1411, la Regina Margherita, la donava, a sua volta, all'Orfanotrofio della Casa Santa dell'Annunziata "Ave Gratia Plena" di Napoli la cui gestione era di competenza del Banco "Ave Gratia Plena".
Quest'ultimo fallì nel 1717 a causa dei continui prelievi fatti da Re Filippo IV durante le guerre e per le truffe subite dai suoi agenti.
«.. Framezzo delle predette due parti superiore ed inferiore con istmo annesso alla parte superiore, sta unita una spiazzata penisola di figura eptagona irregolare, fiancheggiata dal lago per sei lati ineguali e parti toccanti le acque ed altri del lido e piccola spiaggia al presente edificata la malridotta città di Lesina..» (5)
Così incomincia la descrizione di Lesina il Gallarano, incaricato dai creditori del Banco "Ave Grazia Plena" di effettuare una perizia tecnico-economica sul territorio della città. Era l'anno 1729.
Molto analitica, per sua natura la suddetta perizia. Egli, infatti, descrive l’Obelisco situato all’ingresso della città dicendo che era circondato da tre ordini di scalini, col basamento a mò di piedistallo su cui stava eretta una colonna di granito con un piccolo montetto che reggeva un giro anulare nel mezzo del quale vi era una croce di pietra bianca alla greca.
Poi continua affermando che di lato all’Obelisco vi era la porta della città, con sopra l’immagine di San Primiano a protezione del centro abitato, ed ancora più su l’orologio che scandiva le attività giornaliere.
Sull’altro lato, a destra, vi era il maschio della Torre e, di fronte, in corrispondenza del lago, una porta ad uso dei pescatori.
A Lesina, descrive il Gallarano, vi era una taverna, una panetteria con forno a legna e la macchina del mulino a "centimolo" ed altre pertinenze.
Descrive, inoltre, anche la qualità dell’acqua sostenendo che «..di non buona qualità per essere salmastra…», ed infatti secondo gli abitanti dell’epoca quella «..che dicono buona ma in verità nemmeno è tale, si manda a pigliare o nell’Aprocina o in altri luoghi più miglia distanti..»
In quel periodo, nonostante la pescosità elevata del lago e la ricchezza dell’ambiente circostante, Lesina contava solo 545 abitanti, ed anche del loro aspetto il Gallarano né da una descrizione «..gli adulti di giusta statura, ben proporzionati di corpo, se non formosi di volto, ma benanche alcuni non di buon colore, siccome ancora le loro donne, quali meno scoloriti e saldi sono coloro che bevono il vino…»
La gente di Lesina anche allora, come oggi, viveva dignitosamente del lavoro di tutti i giorni, era gente tranquilla e laboriosa cui non mancava l’abbondanza di una natura generosa.
Ma, comunque, non siamo più in presenza della Lesina rigogliosa dei Conti normanni, la Lesina di Federico II o nella Lesina-Ripalta federiciana.
Molto altre cose ci sarebbero da dire riguardo alla descrizione del Gallarano, e sicuramente non può far che bene suggerire la lettura del capitolo quinto dell’opera di Nicola Lidio Savino "LESINA – Lineamenti di Storia e Folklore – L’ambiente e le sue componenti " Edizioni Reme-Graf Foggia - 1985.
La laguna con tutte le sue pertinenze veniva acquistata, nel 1751, "Sub Hasta" S.R. Consilii, da uno dei creditori del Banco, precisamente da Placido Imperiale, Marchese di Sant'Angelo Imperiale, il quale esercitò, a differenza di altri baroni, duramente i suoi diritti nei confronti dei lesinesi.
In seguito per la legge eversiva della feudalità la Commissione Feudale, il 13 giugno 1810, emetteva la sentenza nella Causa tra la città di Lesina ed il Principe Placido Imperiale nella quale si dichiarava <<...di aver competuto e competere alla popolazione di Lesina ed a tutte le altre popolazioni di cui le terre circondano il lago i pieni usi della pesca, anche per ragioni di commercio tra loro. ...(omissis) ...dichiara che sia permesso al Comune di Lesina di valersi del diritto di aprire una nuova foce attraverso le terre che gli verranno in divisione.>>.
La sentenza della commissione feudale, che fu eseguita dall'intendente Biase Zurlo, delegato per la ripartizione dei demani di Capitanata e del Molise nel 1811, recitava in questo modo:
<< ... fosse accantonato a beneficio degli abitanti di detto Comune nella parte superiore del medesimo verso ponente, e che la linea di demarcazione debba rimanere tirata mezzo miglio più di sotto dei pagliari della foce Morella verso Zappino, ed alla parte opposta ad un terzo di miglio al di sotto dei pagliari di Lazzarone, verso S. Nicandro. Cosicché tutto quello che resta al di sopra di detta linea (6) resti in uso privato al Comune, e tutto quello che resti al di sotto resti in uso privato del principe, senza che l'uno possa pescare nella parte dell'altro.>>
(1) Munita = Armata
(2) Fraccacreta, loc. cit. T. IV, pag. 55;
(3) Nicola Lidio Savino. Lesina lineamenti di Storia e Folklore. Pag. 62 .Tip. Reme-Graf. Foggia 1985
(4) Nicola Lidio Savino. Lesina Sec. VIII - XI. Pag. 27 .Tip. Reme-Graf. Foggia 1988
(5) Gallarano, perizia 4 aprile 1730;
(6) Questa linea venne tracciata con 50 pali di legno;
I cambiamenti politici successivi alle due guerre hanno influenzato in maniera determinante la vita dei lesinesi e la fisionomia dell’ambiente.
Lesina si avvicinava alla Prima Guerra Mondiale con ancora nitido il ricordo di quello che accadde nel maggio del 1911.
In quel periodo molti lesinesi erano impiegati in un cantiere di lavori pubblici, quando a causa di dissapori tra un capo cantiere ed un operaio, i lavori furono sospesi.
All’improvviso lo spettro della fame si materializzò dinanzi ad intere famiglie, spettro che assumeva ancora più le sembianze di un sopruso se si pensa all'esistenza di un lago in grado di sfamare tutta la popolazione a pochi passi.
Gli animi, esacerbati da continue prepotenze da parte dei padroni, incominciarono ad agitarsi. Il sindaco, temendo il peggio, chiese rinforzi alla forza pubblica, ed una squadra di carabinieri giunse in difesa del Comune.
La mattina del 30 maggio 1911, sulle sponde del lago una folla di donne e bambini attendeva l’arrivo dei pescatori che, nonostante il divieto, si erano recati a pescare.
Immancabilmente quella folla si tramutò in un corteo che con in testa la Bandiera Italiana, si avviò verso il Comune con l’intenzione di rivendicare l’uso, se non la proprietà, del lago da parte dei lesinesi tutti.
Davanti al Comune incominciò un lancio di pietrisco al quale, purtroppo, i militari risposero con il fuoco.
Fu così che i nomi di Giuseppe Calà e Domenico Nista si aggiunsero alla lista dei lesinesi morti per rivendicare e salvare, con morale ed esemplare dignità, un patrimonio che oggi, a pieno titolo, è di tutti.
Come tutti i Comuni d’Italia, anche Lesina ha immolato suoi figli per la difesa della Patria durante le guerre mondiali. È doveroso ricordare questi uomini, affinché le generazioni future non abbiano a dimenticare coloro che si sono spinti fino all’estremo sacrificio per ottenere e garantire le libertà di cui oggi godiamo.
PRIMA GUERRA MONDIALE |
SECONDA GUERRA MONDIALE |
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Augelli Primiano | Biscotti Primiano |
Biscotti Michele | Calà Giuseppe |
Calvitto Michele | Calvo Mario A. |
Calvo Michele | Carpinone Primiano |
Calvo Pietro | Cassone Primiano |
Camerino Michele | Centonza Antonio |
Cavallo Antonio | Colella Luigi |
Carusi Michele | Colella Salvatore |
D'apote S. Antonio | D'amato Giuseppe |
D'apote Tommaso | D'apote Giovanni A. |
De Mite Nicola | D'apote Giuseppe |
De santis Ciro | D'apote Giuseppe |
Di Mauro Donato | D'apote Leonardo |
Ferrucci V. Saverio | D'apote Nazario P. |
Ippolito Domenico | De Ritis Giuseppe M. |
Leombrone Vincenzo | Mascolo Matteo |
Maiellaro Felice | Mastromatteo Giuseppe |
Maiorano Vincenzo | Maurizio Antonio |
Mignozzi Nicola | Mignozzi Salvatore |
Natale Nazzareno | Miorano Orazio M. |
Pegoli Michele | Panunzio Cosimo D. |
Pegoli Vincenzo | Panunzio Salvatore |
Protino Arminio | Panzone Primiano |
Ricci Primiano | Parigino Domenico |
Scarabino Vincenzo | Polledro Antonio |
Schiavone Vincenzo | Stoico Domenico |
Sciarra Giuseppe | Tabacco Nicola |
Voto Nicola |
Risale al primo dopoguerra l'attuazione di un reale progetto di bonifica delle zone paludosi del Comprensorio Lagunare.
Per la verità un primo progetto teso a debellare la malaria fu completato il 15 dicembre 1898 dal Genio Civile di Foggia. Ma in seguito delle proteste degli allora proprietari del lago, quello che nostalgici lesinesi definivano un grandioso progetto, si concretizzò solo nella costruzione del nuovo canale di Acquarotta, i cui lavori iniziarono il 10 aprile 1901.
I lavori della vera bonifica del Comprensorio iniziarono all'epoca del Fascismo. Era l'ottobre del 1928, l'impresa appaltatrice fu quella di Pietro Cidonio di Roma.
La ditta, per altro ben attrezzata considerando la tecnologia dell'epoca, stabilì il suo cantiere in quella zona di Lesina che tutt'oggi porta il nome, appunto, di "Rione Cantiere" (vedi vol. IV - Nicola Lidio Savino - Lesina).
Le operazioni di bonifica, nelle quali vennero impiegati numerosi lesinesi, oltre le grandi draghe "Roma" e "Derick", si fregiavano del Fascio Littorio e si protrassero per ben nove anni, fino al 1937. La malaria finalmente diventava solo un ricordo.
Lesina nel XX secolo continuava a vivere nel sociale come tutti gli altri comuni d'Italia. Giungeva finalmente la corrente elettrica, gli elettrodomestici, il telefono e tutte le innovazioni tecnologiche che il progresso porta con se.
Testimonianza ne è questo questo sito, indicatore di come oggi Lesina sia una città moderna nella quale i computers sono integrati nella vita di tutti giorni.